Miscellanea

In questa sezione: tumori cerebrali, tumori endocrini, tumori dell'osso, e altro.

Wednesday, November 29, 2006

TUMORI DELL’OSSO
Prediligono i maschi, l’età giovanile e le zone metafisarie fertili. La loro diagnosi istopatologica è molto difficile e, poiché sono tumori relativamente rari, esistono pochi centri specializzati nella loro gestione. Si distinguono didatticamente:
- tumori benigni: non danno metastasi, non recidivano dopo asportazione, non si sviluppano tumultuosamente, non invadono i tessuti circostanti e non presentano alterazioni citologiche
- tumori maligni: caratteristiche opposte, danno metastasi (prevalentemente al polmone)
Esistono poi forme a malignità locale e forme benigne che presentano una possibile tendenza alla trasformazione maligna.

Diagnosi. Elementi da considerare per l’orientamento diagnostico:
- età: molti tumori prediligono infanzia ed adolescenza
- sintomatologia: dolore, tumefazione, fratture patologiche
- sede: alcuni colpiscono le epifisi (tumore a mieloplassi), altri la diafisi (sarcoma di Ewing), altri le metafisi (esostosi)
- aspetti radiografici indicativi di malignità: interruzione della corticale, bordi sfumati, scollamento e reazione periostale (interrotta in uno o più punti), accrescimento rapido, alterazione dell’architettura ossea, infiltrazione rapida
- TC e RM: visualizzazione dettagliata del tumore e dei rapporti con le strutture contigue; è fondamentale sapere che con la Rx alcune lesioni, anche molto maligne, possono passare inosservate
- arteriografia: vascolarizzazione del tumore ed eventuali anomalie di decorso delle strutture vascolari provocate dalla massa in espansione
- scintigrafia: in caso di localizzazioni multiple e metastasi
- biopsia: per la formulazione di una diagnosi attendibile

Prognosi. Nei tumori benigni è sempre buona, mentre quelli a malignità locale sono imprevedibili; nei tumori maligni è infausta (sopravvivenza media circa 5 anni).

Trattamento.
Tumori benigni: apertura della lesione, courettage, lavaggio con sostanze che uccidono le cellule tumorali residue (come il fenolo, meglio tollerato dell’azoto liquido), riempimento con innesti ossei autoplastici che prevengono le fratture da carico (prelevati dal grande trocantere, dall’epifisi del radio o dalla metafisi prossimale della tibia) oppure con sostanze in grado di stimolare l’osteogenesi come lo spongostan (tessuto spugnoso usato per arrestare le emorragie). C’è possibilità anche di eseguire innesti ossei eteroplastici ma occorre che il materiale provenga da centri specializzati in grado di certificarne la qualità.
Tumori maligni: radio- e chemioterapia preoperatoria (quando il tumore è sensibile), seguita da resezioni che possono coinvolgere anche i tessuti molli circostanti e richiedere eventuale sostituzione protesica. In passato era abitudine comune effettuare l’amputazione dell’arto in caso di neoplasia maligna, poiché si riteneva che questa fosse la procedura più radicale. Oggi si va sempre più affermando la chirurgia conservativa o “di salvataggio dell’arto”, anche perché si è visto che l’amputazione dal punto di vista neoplastico non è radicale come sembra. Per eseguire interventi conservativi, comunque, occorrono: uno studio accurato TC e/o RMN,una angiografia (in previsione della sezione di vasi, della necessità di confezionare eventuali by-pass, ecc…), l'esecuzione di “resezioni molto generose”, la chemioterapia (adiuvante e neoadiuvante), la disponibilità di protesi “custom-made” (fatte su misura), che nei bambini devono anche potersi allungare nel tempo per assecondare la crescita. La terapia conservativa è ben accetta dal paziente, e dal punto di vista psicologico è una vera e propria panacea. Tuttavia, non sempre è possibile, e in alcuni casi l’amputazione è necessaria ancora oggi.

Tumori metastatici. Derivano generalmente da carcinomi e rappresentano quasi il 50% dei tumori ossei. Le metastasi da carcinoma della mammella sono osteolitiche; compaiono entro 2-5 anni, si localizzano al rachide, al bacino, all’omero ed al femore. Le metastasi da carcinoma prostatico sono invece osteoaddensanti; compaiono entro 2-5 anni dall’inizio del tumore e si localizzano elettivamente alle vertebre lombari dando origine spesso a lombalgie o lombosciatalgie. L’indagine di scelta è la scintigrafia ossea total body; la terapia è a base di antimitotici, RT e resezioni chirurgiche in casi particolari (es. localizzazione al collo del femore). Si operano inoltre le fratture patologiche da metastasi.

Principali tumori ossei primitivi.
1) Osteoma osteoide
Neoformazione benigna di osso sclerotico, solitaria, piccola, ricoperta da periostio. Un tempo era detto “granuloma osteoide” perché si pensava che avesse natura infiammatoria. E’ frequente e colpisce tra 5 e 25 anni. Si localizza nella corticale delle ossa lunghe o nella spongiosa subcondrale delle ossa corte; predilige gli arti inferiori ma può colpire qualsiasi osso. Anatomicamente è caratterizzato da una zona di sclerosi ossea di forma fusata o rotondeggiante; alla sezione si rileva un piccolo nucleo rossastro (nidus dell’osteoma) costituito da tessuto connettivale e da travate di trabecole osteoidi disposte disordinatamente; il tessuto circostante invece è costituito da trabecole stipate (osso compatto sclerotico) ben orientate. Radiograficamente si nota una piccola zona di osteolisi a limiti netti (il nidus) contornata da un alone di sclerosi. L’unico sintomo è il dolore (sordo, cupo, che recede con aspirina). La diagnosi si fa con Rx, TC e RMN a seconda delle necessità; si deve porre dd con l’ascesso di Brodie e con l’osteomielite sclerosante di Garrè. La terapia è basata sul courettage della cavità del nidus (si ripulisce con la fresa come se fosse una “carie”) oppure sull’asportazione di un piccolo tassello osseo contenente la neoplasia. Oggi esistono interventi di chirurgia mini-invasiva: grazie a sonde di ipertermia si può arrivare al nidus e provocarne la distruzione (soprattutto per neoplasie molto profonde).
2) Esostosi osteocartilaginea
E’ il tumore benigno più frequente ed è rappresentato da una proliferazione ossea che si sviluppa sul versante diafisario della cartilagine coniugale. Sono colpiti esclusivamente i soggetti nei quali non sono ancora chiuse le cartilagini epifisarie. Le regioni più frequentemente interessate sono le metafisi del ginocchio, il collo del piede e la spalla. Si presenta come una protuberanza ossea peduncolata o sessile, in continuità con lo scheletro, rivestita da un cappuccio cartilagineo non aderente alle parti molli adiacenti. Sintomi: tumefazione modicamente dolente alla palpazione. Grosse esostosi del ginocchio possono irritare lo sciatico popliteo esterno, con parestesie. All'Rx si manifesta come una estroflessione ossea netta a livello della corticale iuxtametafisaria. L’indagine deve essere estesa ad altri distretti in quanto potrebbe essere espressione della sindrome di Ollier, in cui si possono avere anche fino a 50-60 esostosi, alcune delle quali diventano maligne (condrosarcomi) verso i 40-50 anni di età. Il trattamento consiste nell’asportazione chirurgica.
3) Condroma
E’ un tumore benigno della cartilagine tipico dell’età adulta. Si sviluppa prevalentemente nella cavità midollare delle ossa della mano. Anatomicamente, aperta la corticale assottigliata, si trova un tessuto biancastro, translucido, scarsamente vascolarizzato. Clinicamente si può manifestare con dolore e tumefazione o con una frattura patologica. Radiograficamente appare come una zona di osteolisi, a limiti netti, che interessa la diafisi gonfiando e assottigliando la corticale. La terapia consiste nella apertura della zona osteolitica, nel courettage del materiale neoplastico e nell’eventuale riempimento della cavità residua con innesti ossei autoplastici o spongostan.
4) Angioma
Frequente tumore benigno che colpisce spesso i corpi vertebrali del tratto dorsale o dorso-lombare, e incide massimamente nelle donne sui 30 anni. Clinicamente può decorrere in maniera silente e costituire solo reperto radiografico occasionale; talvolta si manifesta col quadro di una lombalgia. Radiograficamente il corpo vertebrale presenta un caratteristico aspetto “a palizzata”, dovuto all’ispessimento verticale di grossolane trabecole. La terapia è radiante visto che la neoplasia è radio-sensibile.
5) Tumore a mieloplassi (tumore a cellule giganti o osteoclastoma)
Colpisce soprattutto gli uomini tra i 20 e i 40 anni ed ha una evoluzione clinica dipendente dal grado istologico. Prende il nome dalle cellule giganti (mieloplassi) che derivano dalla fusione di cellule monocito-macrofagiche neoplastiche, presenti nel tumore nel contesto di un tessuto fibroso. Si localizza in sede epifisaria con predilezione per il ginocchio ed il polso. Anatomicamente il tumore è rosso scuro per i versamenti emorragici intraparenchimali, e la cavità in cui si sviluppa può presentare delle creste. Lo studio istologico è fondamentale: si va dal I grado (nessuna o scarse atipie, forma benigna) al III grado (forma maligna con numerose atipie, tendente alle recidive locali). La sintomatologia è modesta: dolenzia spontanea e tumefazione epifisaria. Radiograficamente il tumore si presenta come un’area osteolitica a limiti ben definiti con aspetto a “nido d’ape” (dd con cisti aneurismatiche). Il trattamento varia in base al grado: courettage ed innesti ossei autoplastici (grado I), resezione seguita da protesizzazione (grado III).
6) Condrosarcoma
Tumore che produce cartilagine maligna, e che insorge come degenerazione di una esostosi o come tale ab initio. Occorre sospettare la degenerazione di una esostosi quando inizia a comparire dolore (che di solito non c’è), e quando la massa aumenta di volume rispetto ai controlli precedenti. Può essere intramidollare o iuxtacorticale e si presenta in diverse varianti (classica, a cellule chiare, dedifferenziata e mesenchimale). Colpisce le metafisi, mentre risparmia sempre le epifisi. La corticale è erosa, e si può avere invasione dei tessuti molli circostanti. Non è sensibile alla radio- né alla chemioterapia, per cui la sopravvivenza è inferiore rispetto a quella di altri tumori maligni. La terapia è basata su ampie resezioni (in caso di coinvolgimento del bacino può essere necessaria una emi-pelviectomia, così ampia che il chirurgo non deve “vedere la neoplasia”) e instaurazione di “protesi di salvataggio dell’arto”, che evitano l’amputazione anche se poi la mobilità non è completa (si tratta di “protesi vincolate”, più invasive di quelle che si inseriscono per l’artrosi, dato che spesso la resezione di tessuto è molto ampia).
7) Osteosarcoma
È il più frequente tumore maligno dell’osso e colpisce per lo più i maschi tra 10 e 30 anni. La sede d’elezione è la metafisi delle ossa lunghe (inferiore del femore, superiore della tibia e dell’omero) ma non risparmia la diafisi, né le ossa brevi e piatte; invece l’epifisi è sempre risparmiata. Presenta zone di consistenza aumentata (forma osteoblastica) oppure zone di rammollimento (forma osteolitica); le due forme hanno prognosi diversa, perché la forma osteolitica ha decorso più veloce. Istologicamente le cellule hanno carattere maligno (polimorfismo, molte mitosi), e sono presenti aree di necrosi, fibrosi e calcificazione. I sintomi sono dolore, tumefazione, cute calda, aumento VES e alfa- globuline. All'Rx, nella forma osteolitica prevalgono fenomeni di distruzione della corticale; nella forma osteoblastica prevalgono invece fenomeni di proliferazione ossea subperiostale o di spicole ossee perpendicolari alla corticale, che realizzano immagini “a sole radiante”. Tra i due estremi esistono forme intermedie. Possiamo anche distinguere forme periostali (più pericolose, causano erosione circostante) e forme endostali (più benigne). Per la diagnosi sono essenziali TC e RMN per valutare l’interessamento dei tessuti molli e valutare i margini. La scintigrafia è indicata per localizzazioni multiple e in caso di metastasi, che sono frequenti e precoci a livello polmonare. La prognosi è infausta anche se grazie ai progressi della terapia si possono avere buone sopravvivenze (Cht + resezione ampia + Cht per 1 anno).
8) Sarcoma di Ewing
È il più maligno tra i tumori dello scheletro. Ha un accrescimento infiltrante molto rapido e colpisce prevalentemente maschi tra i 5 e i 15 anni di età. Si localizza sulla diafisi o sulla metafisi delle ossa lunghe, soprattutto femore ed omero. Sembra derivare dalle cellule mesenchimali del canale midollare. Il tessuto è gelatinoso, rosso-grigiastro, uniforme dal punto di vista istologico (cellule molto piccole disposte “a rosetta” intorno ai vasi). Sintomi: tumefazione, dolore, febbre, aumento VES, leucocitosi ed anemia. L’arto è caldo e può presentare in reticolo venoso superficiale. Il quadro radiografico presenta reperti molto caratteristici: piccole zone di osteolisi nello spessore dell’osso (“osso tarlato”), reazione periostale, ampiamente e ripetutamente interrotta, strutturata in gusci concentrici “a foglia di cipolla (espressione del ripetuto ma vano tentativo del periostio di opporsi alla diffusione periferica del tumore). Per la diagnosi di certezza è necessaria la biopsia. La diagnosi differenziale va posta soprattutto con l’osteomielite acuta ematogena al fine di non confondere un processo suppurativo con questo tumore. Orientano per l’osteomielite la febbre prima setticemica e poi suppurativa, l’emocoltura, la reazione periostale grossolana non stratificata e soprattutto non interrotta. La prognosi è infausta dato anche il rapidissimo accrescimento. La terapia, in caso di diagnosi precoce, è radiante e medica (radio- e chemiosensibile!!!) ed eventualmente chirurgica, con risultati accettabili.
9) Angiosarcoma
Ha elevata invasività locale e tende a metastatizzare, con conseguente prognosi infausta. Il quadro istologico va da forme ben differenziate a forme indifferenziate.
10) Mieloma
Può essere multiplo (mieloma multiplo) o solitario (plasmocitoma); è una neoplasia delle plasmacellule che interessa prevalentemente l’osso ma può estendersi anche ai linfonodi, alla cute e ad altri tessuti. Sedi più frequenti sono le vertebre, le coste e il cranio; all’Rx si repertano aree di osteolisi a margini netti (“cranio a fora-biglietti”). Per la diagnosi è fondamentale il puntato sternale. Oggi grazie ai progressi della terapia medica e chirurgica si possono avere sopravvivenze molto lunghe (anche superiori a 15 anni), anche in presenza di metastasi polmonari.

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